Provincia di Firenze
A circa 700 m s.l.m., nel comune di Incisa e Figline Valdarno, ai confini con il comune di Greve in Chianti, tra boschi difficilmente accessibili con l’auto, sull’antica Cassia Adrianea si trova questa costruzione, di cui si ha testimonianza già dal 1040.
Era sede di una comunità monastica legata ai vallombrosani.
Nei primi decenni del XIII° sec., grazie alle continue e cospicue donazioni, l’antico ospizio divenne una vera e propria Abbazia.
Il complesso constava anche di una chiesa e di una torre campanaria, che fu distrutta nel 1944 dai bombardamenti degli alleati inglesi per stanare le truppe tedesche che l’avevano occupata.
E’ un abete di Douglas alto 62,45 metri, si trova nella foresta di Vallombrosa; Il primato è stato certificato nel 2016 da un gruppo di esperti.
Si raggiunge dopo circa 3 km dall’Abbazia di Vallombrosa, prendendo la strada che porta alla Consuma nel percorso i giganti d’Italia-Metato-Vallombrosa .
La Fattoria di Paterno, sita nel comune di Montespertoli, è composta dalla villa, una costruzione rettangolare con due cortili interni attorno a una torre centrale (la parte più antica del complesso, datata attorno al 900) e da tre case coloniche con fienili.
Fu proprietà dei Pitti di Firenze, poi passò alla famiglia Rangoni-Macchiavelli, che la usò come riserva di caccia e la villa rimase abbandonata per molti anni. Nel 1976 i Rangoni-Machiavelli la vendettero agli eredi dell’architetto Wendelin Gelpke, attuali proprietari.
Oggi è una resort e un luogo per eventi.
Si trova nel comune di Dicomano, dove i corsi di acqua Sieve e Comano si sposano. E’ archeologicamente ricca.
Gli scavi effettuati, hanno portato alla luce le fondamenta dell’antica chiesa romanica di San Martino al Poggio, alcuni frammenti di vasi, molte collane ed anelli che risalgono al periodo degli Etruschi.
Questi ritrovamenti sono custoditi presso il Museo Archeologico di Dicomano.
Fu fondata ad opera di Sichelmo, prima dell’anno 1000. Nel 1049 venne donata a San Giovanni Gualberto.
Ha la forma di un complesso monastico fortificato da torri agli angoli.
Nella chiesa annessa al monastero si possono ammirare alcuni dipinti di D. Cresti detto il Passignano.
Dopo alterne vicende l’abbazia subì una prima chiusura nel 1810; nel 1866 divenne proprietà dello Stato Italiano. Nel 1984 ritornò di proprietà dei benedettini Vallombrosani.
Al suo interno si trovano un’antica biblioteca e la chiesa di San Michele Arcangelo del XIII° sec. Il capolavoro pittorico di tutto il complesso si trova nel refettorio: si tratta dell’affresco raffigurante l’Ultima Cena, opera del XV° sec. di Domenico e Davide Ghirlandaio.
Il nome deriva dal luogo Mons Ischetus, monte degli ischi, volgarizzato poi in Moscheta. Fu fondata da San Giovanni Gualberto nel 1034, all’interno di un bosco donatogli dal Conte Anselmo da Pietramala, e costruita da Rodolfo Galigai, che gli successe nella guida dei Vallombrosiani.
La storia narra che negli anni successivi alla fondazione, Moscheta ha subito due distruzioni miracolose ad opera di due elementi naturali: l’acqua e il fuoco. La prima volta la forza dell’acqua del torrente Vacchile, che scorre accanto al complesso, provocò una frana che investì la nuova Badia. L’acqua era stata invocata dall’ira di San Giovanni Gualberto che, tornato dopo qualche anno a Moscheta, trovò arredi sfarzosi e monaci che non osservavano i principi di sobrietà dell’ordine.
La Badia fu ricostruita con le stesse pietre, ma qualche anno dopo, secondo la leggenda, il volere Divino punì i monaci con un incendio di cui ancora oggi permangono tracce. In questo caso i religiosi avevano accettato l’eredità di un ricco signore, che aveva donato tutto alla Badia in punto di morte diseredando i parenti.
Castiglioncello, appollaiato sul monte fra il Santerno e il cielo, è uno dei molti borghi fantasma dell’Appennino Tosco-Emiliano.
Queste rovine, accarezzate dal tempo, ci fanno intuire la vita che fu. Si narrano fatti tragici che hanno portato la popolazione ad abbandonare questo luogo.
Si trova nel comune di Barberino Val d’Elsa, nella frazione di Petrognano.
Venne edificata nel primo decennio del XVI° sec, su progetto di Santi di Tito, sul sito dove sorgeva il castello di Semifonte, distrutto dai fiorentini agli inizi del XIII° sec.
La struttura è a pianta ottagonale, sormontata da una cupola che riproduce quella della Cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore, nel rapporto di 1:8.
Nel Mugello, ai confini con la Romagna, esiste una piccola valle scavata da un torrente che racchiude come in uno scrigno un tesoro fatto di, piccoli guadi, boschi ombrosi e una cascata che, magia, si può guardare da dietro l’acqua.
Vi si arriva dal passo della Colla di Casaglia, lungo la strada tra Palazzuolo sul Senio e Borgo San Lorenzo.
Si trova in Via di Vincigliata nel comune di Fiesole. E’ costruito sui resti di un castello distrutto nel 1348 ad opera della Signoria di Firenze, per annientare il feudo dei Manzecca.
I resti del castello vennero acquistati nel 1469 dagli Alessandri, che lo trasformarono in una abitazione signorile. Passata nel Seicento ai Girolami, fu in seguito dei Bonaccorsi e, dopo il fallimento della casata, dei Marucelli. Una lapide sulla cappella ricorda come dal 1826 fu dei Brunaccini, seguiti poi dai Mantellini, i Casini e, infine, i Forteguerri. A quest’ultimo periodo risalgono gli interventi più rilevanti, che trasformarono la proprietà in una rustica fortezza.
Originale è solo una torre, anche se manomessa dalla ricostruzione della merlatura, ma gli edifici moderni si armonizzano perfettamente con la struttura originaria.
I Baduel, ultimi proprietari, lasciarono il castello a una fondazione, che ancora oggi lo amministra dopo averne fatto un centro culturale.
Sorgeva nella località di Castelbonsi , nel comune di San Casciano Val di Pesa.
Le prime notizie del castello risalgono al 1228. Fu dominio prima dei vescovi fiorentini poi della certosa del Galluzzo e dei Gherardini.
Nel Quattrocento divenne proprietà del notaio della Signoria Giovanni Petrini e più tardi fu data in commenda all’ordine di Santo Stefano.
In prossimità dei ruderi c’è la chiesa di San Lorenzo, già citata agli inizi del XII° sec., venne totalmente rimaneggiata nel sec. XVI°; attualmente appare come una struttura fortificata che conserva all’esterno, inserito nella cinta muraria, un tabernacolo con la Madonna e il Bambino fra i Santi Francesco e Lorenzo, attribuito al Maestro di Signa. Sull’altare c’è un ciborio in pietra del XV secolo.
Si trova nell’omonima frazione di Montaione, in una zona ricca di testimonianze etrusche.
Risulta , da alcuni documenti cartacei, che il castello sarebbe sorto nell’VIII°, su un insediamento longobardo, ad opera di “Faolfi” da cui deriva il nome originale “Castrum Faolfi”.
Dopo un periodo di splendore e centralità, Castelfalfi si sottomette a Firenze, rientrando nelle proprietà di Francesco Gaetani e sua moglie Costanza de’ Medici, i quali lo trasformano in villa residenziale. Il castello venne saccheggiato e parzialmente incendiato dalle milizie di Piero Strozzi, nel periodo della furibonda guerra tra Senesi e Fiorentini.
Successivamente passa di mano, diventando di proprietà della famiglia Medici-Tornaquinci. Nel corso della Seconda guerra mondiale, fu occupato dalle truppe naziste, venendo danneggiato dai bombardamenti dell’esercito statunitense. Nel dopoguerra fu progressivamente abbandonato.
Oggi lo vediamo rivivere, dopo un lungo restauro terminato nel primo decennio del XXI° sec.
Nel comune di Barberino Val d’Elsa, fra le province di Firenze e Siena nei pressi dei più noti castelli della Paneretta e Monsanto, su un crinale boscoso nella valle del torrente Dove, si trovano i ruderi del Castello di Cepparello.
La sua origine risale circa al 1100. Fu abbandonato in seguito alla sua distruzione ad opera dei Ghibellini dopo la battaglia di Montaperti del 1260. Nel 1313 fu restaurato parzialmente, divenendo un piccolo borgo con circa 400 abitanti.
Oggi i ruderi del castello sono completamente immersi nella vegetazione e visibili solo dalla distanza di qualche centinaio di metri.
La costruzione risale alla seconda metà del XIII° sec. Questo castello faceva parte dell’antica Lega di Cintoia. La sua torre in origine era alta circa sessanta metri, successivamente fu sbassata per motivi militari.
Un primo danneggiamento lo subì nel 1530 ad opera delle truppe Aragonesi alleate di Siena nella guerra contro Firenze, e un secondo nel 1890, a causa di un terremoto. Le sue mura, al centro delle quali c’è il cassero hanno avuto molti restauri.
Nel cortile del castello c’è un loggiato con pilastri ottagonali in pietra serena, che sorreggono la muratura in pietre.
Costruito nel 1424 dalla nobile famiglia fiorentina dei Pucci, è una fra le più belle ville fortificate della Toscana la cui progettazione è attribuita a Filippo Brunelleschi.
Conserva ancora oggi la merlatura guelfa, i quattro torrioni angolari, la torretta dell’orologio, il cortile interno della villa con l’intonaco a graffite, il loggiato con quattro arcate e la cappella.
Oggi il Castello è sede di un’azienda agricola.
Le prime notizie risalgono al 1185, quando viene ricordato un mulino posto nel suo territorio; fu proprietà della famiglia Buondelmonti.
E’ formato da due corpi perpendicolari tra loro congiunti dalla torre quadrangolare. Il loggiato che guarda il fiume Pesa è stato aggiunto nel 1520.
Il Castello, come si ammira oggi, è il risultato della fusione tra strutture medievali e forme rinascimentali, quest’ultime attinenti alla porzione trasformata in villa.
Posto su uno sperone circondato da cipressi, occupa una posizione dominante sulla valle del fiume Pesa.
Si trova nell’omonima località nei pressi di Leccio, nel comune di Reggello, circondato da un ampio parco: la strada di accesso è fiancheggiata da due filari di circa un centinaio di sequoie secolari.
L’edificio principale, come appare oggi , per effetto di una ristrutturazione ottocentesca, è una costruzione eclettica di stile orientaleggiante. In origine l’edificio era una grande fattoria, edificata agli inizi del XVII° sec. per volere della famiglia Ximenes D’Aragona.
Secondo lo storico Robert Davidsohn il luogo risalirebbe all’epoca romana; lo stesso sostiene anche che nel 780 potrebbe esserci passato Carlo Magno di ritorno da Roma.
Il castello negli anni è appartenuto a diverse importanti famiglie; nel 1878 ospitò anche il re d’Italia Umberto I°. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, è stato adibito a hotel di lusso, nonché a set di numerose produzioni cinematografiche.
Dopo anni di abbandono, Il luogo comincia a rivivere, per effetto di una campagna di sensibilizzazione, che è culminata con alcune interrogazioni parlamentari.
Oggi il castello è entrato a far parte del patrimonio da tutelare; grande ruolo in questo inizio di rinascita del luogo hanno avuto Italia Nostra e il FAI.
E’ situato in località Fiano, a metà strada tra Certaldo e il Borgo di Lucardo.
Ricordato fin dal 1020, fu distrutto una prima volta durante battaglia di Montaperti; dopo la ricostruzione, furono le truppe di Arrigo VII° nel 1313, a distruggerlo definitivamente; così il Castello rimase abbandonato per oltre un secolo.
Fu la famiglia dei Samminiatesi a riedificarlo come oggi lo vediamo; vi si accede attraverso un elegante ingresso di carattere gotico-senese, ha torri di guardia merlate e un parco che si affaccia sulla Valdelsa e la Val di Pesa.
Oggi è una struttura ricettiva.
Si trova nel comune di Greve in Chianti. Edificato lungo l’antico tracciato romano che percorreva la valle di Cintoia; viene menzionato per la prima volta in un documento del 1176.
Il castello, durante i sec.li XVII° e XVIII° subì delle modifiche. La cinta muraria ha un andamento quasi circolare, ed è formata da edifici che compongono l’abitato. La sua torre si trovava nel punto più elevato e di essa, oggi resta la parte basamentale.
Nel castello si conserva una pala che raffigura la Madonna in trono col Bambino Gesù , ai cui piedi è effigiata la famiglia dei Bardi, attribuita al pittore Giuliano Castellani detto il Sollazzino. Tale opera pittorica, sullo sfondo, mostra due scorci di paesaggio: il castello di Sezzate, prima delle modifiche dei sec.li XVII° e XVIII° , e forse il fiume Ema.
E’ situato sulla collina di fronte a Barberino Val d’Elsa, è un piccolo castello risalente al medioevo che racchiude un piccolo borgo; Alcuni studi lo datano intorno all’XI° sec.
Della originaria struttura è riconoscibile la pianta medievale circolare. Vi si accede attraverso una porta sovrastata dall’antica torre del cassero. All’interno del borgo troviamo la vecchia chiesa di San Romolo, oggi abitazione civile, e una piccola piazza dove si affacciano il cassero, la stessa chiesa e il Palazzo dei Begliuomini risalente al XIV secolo.
A circa seicento metri di distanza dal borgo, andando verso Tavarnelle V. P., si trova l’attuale chiesa di San Romolo a Tignano, la cui costruzione pare risalga al XIII° sec.
Si trova in località Le Maschere-Strada della Futa, nel comune di Barberino di Mugello (FI). Risulta essere appartenuto, fin dal 1250 ai nobili Ubaldini chiamati da Villanova, ed in seguito passato in possesso della famiglia de’ Bettini, un ramo degli Ubaldini.
Dentro le mura esistevano una Compagnia e la chiesa di San Jacopo, ciò fa suppore che il complesso all’epoca fosse sede di una rilevante comunità.
Su parte dei ruderi fu probabilmente edificato l’attuale ottocentesco castello, adibito a scuola e convento.
Si trova nel comune di Rignano sull’Arno. Attualmente è stato trasformato in villa neogotica che svolge sia attività turistiche che di supporto alla fattoria integrata nel complesso.
L’origine dell’insediamento sembra risalire all’epoca romana, resti di una costruzione di questo periodo sono stati rilevati a podere Bertinga, sulla pendice ovest del castello.
L’abitato di Volognano viene nominato, per la prima volta, nel 1214 in documenti riguardanti la chiesa di San Michele a Volognano; del castello invece si fa menzione in un atto dell’abbazia di Vallombrosa del 1220.
La chiesa di San Michele, ubicata all’interno del castello, contiene importanti opere d’arte di Andrea del Sarto, Mariotto Albertinelli, Neri e Lorenzo di Bicci.
Il castello , nel corso dei secoli ha avuto ospiti illustri, quali Lapo da Castiglionchio ,Gioacchino Rossini, Giosuè Carducci ed Enrico Fermi.
La chiesa, costruita nel 1783, è affiancata da poche case in abbandono, e sorge sul crinale che divide le valli dei fiumi Senio e Lamone, non lontana dal sito medioevale “Castrum Loctiole”, demolito nel 1374 dai Fiorentini.
Ha una struttura a tre navate, di dimensioni sorprendentemente grandi per la scarsa popolazione di montagna. Ha subito un recente restauro.
E’ adiacente al Convento di San Vivaldo; fu costruita tra il 1326 e il 1355 e consacrata il 30 novembre del 1416.
Entrando in chiesa, nella prima cappella di destra si conservano le reliquie di San Vivaldo e una terracotta invetriata attribuita da alcuni a Giovanni della Robbia.
Un’altra cappella, intitolata a Santa Maria in Caporena, vede al suo interno una Pietà in terracotta, una delle più pregevoli opere di tutto questo complesso.
Si trova su di una collina nel comune di Montespertoli, è un centro di spiritualità mariana che richiama migliaia di fedeli da ogni parte d’Italia.
Le sue origini risalgono al XII° sec. Fu distrutta durante la seconda guerra mondiale e ricostruita da don Mario Boretti che vi arrivò nel 1953.
I cinquantotto anni di apostolato di Don Mario portarono il luogo allo splendore attuale, e diedero a questa chiesa una centralità spirituale per l’intera comunità cattolica, diventando punto di riferimento per i tanti fedeli che vi si recavano in pellegrinaggio.
E’ situato in località Botinaccio nel comune di Montespertoli; fu costruito alla fine del XVI° sec. Si sviluppa intorno a un chiostro rettangolare; nelle lunette si possono osservare delle tempere, eseguite nel 1686, che rappresentano episodi della vita di San Francesco.
Nel convento, in passato, si riunivano molte Compagnie religiose, particolarmente in occasione delle feste del Perdono e della Natività della Vergine, che ricorrono , rispettivamente, il 2 agosto e l’ 8 settembre.
Nasce dal Colle di Canda, nei pressi del Passo della Raticosa e scorre nel comune di Firenzuola, confluendo nel Santerno nei pressi di Camaggiore.
Attraversa una valle molto interessante sotto il profilo naturalistico , praticamente intatta, dove la presenza dell’uomo è quasi nulla.
Il nome Diaterna deriva dal latino Dea Terna, cioè “Dea dalle tre braccia”. Il torrente infatti è formato da tre rami.
Si trova a San Piero a Sieve. E’ una delle più grandi fortezze extraurbane d’Europa. Al suo interno si trova una cappella e il mastio (chiamato “il cavaliere a cavallo”), dove alloggiavano le truppe, consistenti in quasi 2000 soldati.
La sua costruzione, datata 30 giugno 1569, fu voluta da Cosimo I° , allo scopo di difendere Firenze; difatti le truppe avevano a disposizione cisterne, magazzini per viveri ed armi, casematte, cucine mulini a vento, armerie e forni per fondere cannoni: praticamente poteva far fronte anche ad assedi lunghi.
Il monte su cui sorgeva era attraversato da un passaggio segreto sotterraneo, che conduceva al fiume, per poter portare i cavalli ad abbeverarsi in caso di assedio.
Intorno alla Fortezza aleggia da sempre un’antica leggenda tramandata dagli abitanti del luogo: la leggenda del Regolo.
E’ situato nei pressi di San Vincenzo a Torri, nel comune di Scandicci.
E’ un mulino idraulico, oggi ridotto a rudere, fatto costruire nel 1648 dalla famiglia Galli. La struttura , che si sviluppa su tre livelli, è di forma semicircolare, e in origine fungeva da diga del Borro dei Lami. Presenta delle grandi arcate tonde, parzialmente franate, all’interno delle quali scorrono le acque che alimentavano le macine in pietra ancora visibili.
L’intero complesso è pericolante, ma, ponendo attenzione, è possibile camminare nel corridoio situato al terzo piano. Oggi l’acqua dopo aver attraversato alcuni locali esce allo scoperto e forma una cascata che si getta in una pozza circolare sottostante.
E’ la più estesa palude interna italiana. Ha una superficie pari a 2000 ettari. ed è compresa in un territorio ricadente sotto le provincie di Firenze, Pistoia, Lucca e Pisa. Ha un unico emissario: il canale Usciana.
Ha enorme rilevanza, sia dal punto di vista florofaunistico che paesaggistico, rappresenta un’importante risorsa turistica per l’intero territorio.
La Convenzione di Ramsar, nel 2013, ha inserito il Padule di Fucecchio tra le zone umide di importanza internazionale.
Il Padule per la sua particolare morfologia ha da sempre rappresentato un sistema naturale di difesa contro le invasioni. Nella zona, durante la seconda Guerra Mondiale , le truppe naziste compirono uno dei più crudeli eccidi di civili.
Si trova nel Comune di Scandicci, a circa 600 metri dal vecchio albergo “Roveta”, in via di Roncigliano, località Piazza Calda.
Si racconta che il diavolo, dovendo recarsi in un campo vicino a Larderello , valutò che con un balzo, dalla vetta del Monte Cimone, sarebbe arrivato nella foresta della Roveta, per poi spiccarne un altro verso la meta da raggiungere.
San Zanobi, che viveva in una grotta nei paraggi, fece un miracolo, spostando, leggermente un piccolo torrente, facendo sì che il piede del Diavolo si posasse su una roccia dura, lasciandovi l’impronta.
Si trova nel comune di Londa, a poca distanza dai ruderi, del Castello dei conti Guidi; secondo la tradizione sorge sul luogo ove nel IV secolo fu martirizzato san Leolino.
L’edificio ha un’unica navata con copertura lignea e tre absidi.
E’ seminascosta al margine della Strada dei Poggi, sul crinale fra la Valle della Greve e quella della Pesa; si ha notizia della sua esistenza già nel IX° Sec.
Il nome del luogo, Sillano, ci porta ancora più indietro, al I° secolo a.C., quando venne attribuito ai veterani di Silla, il generale romano che aveva sconfitto il rivale Mario.
Dopo anni di abbandono la chiesa è attualmente in restauro.
La chiesa in origine era una basilica a tre navate coperte a tetto ed aveva tre absidi semicircolari. La facciata originaria è nascosta da un portico.
Sull’altare maggiore è posto un Crocifisso cinquecentesco e ad un pilastro è fissata una tavola di scuola fiorentina del XV° sec., raffigurante la Madonna col Bambino e san Giovannino.
Sorgeva su un colle di quasi 600 metri d’altezza lungo la strada che collega Londa alla frazione di Vierle, nella valle del torrente Moscia. La presenza della roccaforte è testimoniata fin dal XII° sec.
Oggi rimane il possente torrione, che si erge tra i resti delle mura. I locali sotterranei del castello sono stati invasi dall’acqua filtrata da una falda, creando una specie di lago e aumentando così la particolarità del luogo.
La leggenda vuole che da qui partisse un cunicolo scavato nella roccia collegato agli altri manieri vicini. L’area dove sorgono i ruderi è privata e recintata.
E’ un paese disabitato, sito ad un’altitudine di circa 628, nel comune di Firenzuola nel cuore dell’Appennino tosco-romagnolo, che sovrasta la Valle del Santerno; è raggiungibile, in circa un’ora dalla Pieve di San Pellegrino, mediante una strada lastricata.
Poco sopra l’abitato si trova la cava di pietra serena , un tipo di roccia con il quale sono stati realizzati molti famosi monumenti fiorentini.
Si trova in una posizione panoramica, si affaccia sul Valdarno e sulla Val di Sieve.
Nell’Alto Medioevo alcune grotte della zona furono scelte come luogo di eremitaggio. Presso uno dei tabernacoli, edificati al tempo degli eremiti, varie volte, tra il 1484 e il 1485, la Beata Vergine apparve a due pastorelle, le sorelle Ricovera, che erano salite fin lassù per chiedere la guarigione del loro genitore moribondo.
Il miracolo avvenne e fu ricordato con l’edificazione di un piccolo oratorio; successivamente, in seguito all’accresciuta fama del luogo, fu costruito un edificio ben più grande, per accogliere i numerosi pellegrini .
E’ sito nel comune di Vaglia. Salendo l’omonima collina, si trova un viale alberato al cui termine sono collocate le statue di San Bonfiglio Monaldi e di San Filippo Benizi, di Pompilio Ticciati (1754). Giunti nel piazzale prospicente il santuario, vediamo a sinistra il grande Ospizio (1603).
Il complesso consta del Convento, eretto nel 1234 e della chiesa dell’Addolorata dedicata a San Filippo Benizi. Le varie strutture, al loro interno, contengono opere pittoriche notevoli.
A circa trecento metri dalla chiesa, si trova la croce di ferro, che fu illuminata “per radio comando” da Pio XI il 1º aprile 1933, all’inizio del Giubileo straordinario, concesso nel diciannovesimo centenario della Redenzione.
Nella zona ci sono anche tre grotte; di san Filippo Benizi, di sant’Alessio Falconieri e di san Manetto.; Nei pressi delle grotte nel 1606 fu edificato un Romitorio, dove esiste ancora la propaggine di una vite ritenuta miracolosa, che produsse tralci nel cuore dell’inverno.
La chiesa e il convento di San Francesco all’Incontro si trovano nell’omonima località nel comune di Bagno a Ripoli. Sulla sommità della collina sorgevano un fortilizio e un oratorio dedicato a san Macario. Nel 1717 San Leonardo da Porto Maurizio vi edificò un ospizio per religiosi.
L’aspetto attuale dell’edificio, di proprietà della Provincia Toscana dell’Ordine dei Frati Minori, è dovuto alla ricostruzione postbellica.
E’ un’ofiolite cioè un frammento di crosta oceanica a composizione basaltica metamorfizzato che si trova nella valle del torrente Diaterna, a poca distanza dal passo della Raticosa, in località Caburaccia nel comune di Firenzuola; nei pressi sorgeva l’omonima chiesetta di San Zanobi distrutto nel corso della seconda guerra mondiale.
Non molto distanti, si trovano altre due ofioliti: il Sasso della Mantesca e il Sasso delle Macine.
Una leggenda racconta che il sasso fu collocato nel luogo dove si trova da San Zanobi, che lo trasportò su un dito, vincendo la sfida contro il diavolo .
La zona di Poggio Bardellone, nel comune di Pontassieve, è di notevole interesse botanico, per le essenze che vegetano, soprattutto il pino nero.
Lungo la salita si incontrano due cimiteri di campagna abbandonati. Raggiunta la vetta, si trova La spada del Bardellone, collocata non molti tempo fa; Forse l’anonimo autore ha voluto che anche Firenze avesse il simbolo del ciclo arturiano, secondo il quale colui che riuscisse ad estrarla verrebbe dotato di poteri ultra naturali.
Si trova su un territorio ricco di storia, che presenta tracce di insediamenti risalenti all’VIII° sec.
Era una torre di avvistamento al tempo delle vie del sale, sospesa tra i calanchi e avvolta tra i cipressi, al confine tra i comuni di Montespertoli e Empoli.
Nel XIV° sec. apparteneva ai conti Ravegnati, la terza famiglia più importante del territorio empolese.
L’attuale denominazione, Torre (o Torrino) dei Sogni, ha un’origine romantica, difatti gli innamorati empolesi si giuravano amore eterno ai piedi della torre.
Il castello, citato, per la prima volta nel 1191 come sede di una corte feudo dei conti Guidi, si sviluppa sul crinale delle colline che separano la Valdelsa dalla Valdorme, nei dintorni di Monterappoli, piccola frazione di Empoli, lungo la Via Salaiola, una strada “parallela” che attraversa la Val d’Elsa, per poi immettersi nella Francigena.
Oggi del castello resta la sola torre quadrata.
Si trova sulle colline del Montalbano, nel comune di Capraia e Limite, ed ha un famoso ed importante giardino di acclimatazione.
I numerosi siti archeologici della zona, testimoniano come l’area sulla quale sorge la villa, fosse un insediamento etrusco risalente V° secolo a.C.
Nel 2018 la tenuta è stata acquistata da un magnate americano, che provvederà al restauro e alla realizzazione di una nuova azienda agricola. Il nuovo proprietario è impegnato anche a sostenere attività culturali sul territorio.
Si trova in località Compiobbi. Appartenne alla famiglia dei Pazzi e fu confiscata dai Medici nel 1478, dopo il fallimento della congiura tentata nei loro confronti. Alla fine del XVI° sec., gli allora proprietari incaricarono l’architetto Gherardo Silvani di trasformare l’edificio in una grandiosa residenza, circondata da un parco formale.
Nell’Ottocento Enrico Danti, creò un vero e proprio parco all’inglese sul lato nord della villa. Successivamente, a partire dal 1816, con lavori che durarono quasi 50 anni, la famiglia Danti vi fece edificare una serie di strutture architettoniche, talune costruite volutamente diroccate come “l’Usciolo”, che era l’ingresso della Ragnaia, con lo scopo di sembrare più antiche.
Tra queste spiccano i ponticelli (il più famoso è chiamato “della Madonna dei fichi secchi”), alcune statue, un piccolo tempio (“l’Ombrellino” o “il Paradisino”), il belvedere (“il Prospetto”) e un obelisco (al termine di una scalinata in asse con cancello d’ingresso a monte del giardino). La costruzione più importante è una misteriosa ed affascinante “Torre tonda”, alta 25 metri, posta al centro della Ragnaia.
La villa si trova a S. Piero a Sieve; fu una delle prime residenze dei Medici costruita fuori Firenze; era in una posizione strategica, dall’alto di un poggio che dominava la Val di Sieve, ad una confluenza di tre strade (Trebbio significa infatti “trivio”).
La villa ha un impianto tipico delle fortificazioni medievale; Nel 1427 l’architetto Michelozzo, su incarico di Cosimo I° dei Medici, operò un restauro che tese a conservare il carattere originario, introducendo elementi di novità che fossero funzionali alle esigenze del proprietario.
Nella villa abitò per lungo tempo il capitano di ventura Giovanni dalle Bande Nere.
Sulla riva destra del Virginio, nel comune di Montelupo F.no si trovano i resti diun’antica villa romana, risalente al I° sec. a.C., che era adibita a fattoria .